La situazione di crisi di partenza
Il Sig. ROSSI, al momento in cui era stato socio ed amministratore di tre società, aveva maturato un debito fideiussorio nei confronti della Banca (1) e della Banca (2), rispettivamente di 560.000,00 euro e 126.840,00 euro, si trovava, perciò, in una situazione di crisi rilevante ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, non riuscendo più a far fronte, da un certo momento in poi, alle obbligazioni personali assunte per fronteggiare i debiti delle tre imprese.
Il Sig. ROSSI aveva, difatti, contratto delle fideiussioni personali, prestate in favore delle tre società di cui era socio e amministratore, le quali, al momento in cui veniva formulata la proposta transattiva tutte e tre in liquidazione coatta amministrativa.
A fronte delle fideiussioni prestate per le tre cooperative di cui era amministratore, la Banca (2) aveva acceso una ipoteca di secondo grado sull’appartamento di proprietà nel comune di ROMA (l’ipoteca di primo grado era stata volontariamente costituita dal sig. ROSSI con la Banca (3) contestualmente al mutuo inizialmente contratto per l’acquisto dell’immobile, di cui residuavano all’epoca 8.438,00 euro) e una ipoteca di primo grado sull’ufficio nel comune di MILANO; mentre Banca (1) aveva acceso una ipoteca di terzo grado sull’appartamento di proprietà del Sig. ROSSI nel comune di ROMA e una ipoteca di secondo grado sull’ufficio nel comune di MILANO.
I crediti vantati dalla Banca (1) risultavano, perciò, postergati rispetto a quelli della Banca (2), nonché della Banca (3) relativamente al solo appartamento sito nel comune di ROMA.
Gli immobili suddetti risultavano essere protetti da un fondo patrimoniale oggetto di giudizio pendente in primo grado presso il Tribunale di ROMA.
Il consulente scriveva, quindi, separatamente alla Banca (1) e alla Banca (2), predisponendo due proposte distinte.
La Banca (2) accettava subito la proposta transattiva così come formulata.
La proposta del professionista alla Banca
Il consulente si rivolgeva, dunque, alla Banca (1), formulando una proposta come di seguito sinteticamente riportata.
Il consulente, in accordo con il proprietario Sig. ROSSI, si proponeva quale promittente acquirente degli immobili suddetti ad una somma immediatamente disponibile e in conformità ai valori commerciali degli immobili; pertanto in considerazione che, per procedere all’acquisto, era necessario estinguere le ipoteche giudiziali, sia per quanto concerneva i debiti bancari che per quanto concerneva quelli relativi alle spese di cancellazione e agli oneri notarili per il trasferimento, il professionista si dichiarava in grado di mettere a disposizione una somma non superiore a 200.000,00 euro per il solo pagamento dei debiti bancari, oltre le spese necessarie alla cancellazione delle ipoteche e le conseguenti spese notarili.
Il professionista precisava, quindi, che:
– i motivi fondanti la proposta di saldo e stralcio per il Sig. ROSSI erano rappresentati dall’opportunità di poter acquisire il possesso delle unità immobiliari sopra descritte investendo una somma pari a circa il loro valore commerciale, considerati gli oneri di cancellazione e trasferimento;
– tale somma corrispondeva all’importo reso disponibile per il medesimo dalla Banca (4) a seguito di accensione di ipoteca su un altro immobile di proprietà del debitore.
In caso di accettazione della proposta da parte della Banca (1), tale somma sarebbe stata suddivisa tra i due istituti di credito nel modo seguente:
• 50.000,00 euro per la Banca (2) (a fronte di 126.840,00), considerando l’ipoteca di primo grado sull’appartamento e di secondo grado sull’ufficio, rilevando che tale importo era stato già accettato dalla Banca (2),
• 150.000,00 euro per la Banca (1) (a fronte di 560.000,00).
In conclusione, il professionista precisava che:
a) la somma proposta sarebbe stata immediatamente disponibile e
b) si sarebbe proceduto con il versamento al momento dell’accettazione della proposta da parte della Banca (1)
c) la proposta era finalizzata solo ed esclusivamente alla liberazione fideiussoria del debitore e non per il saldo totale del credito, il quale avrebbe continuato ad insistere nei confronti delle tre cooperative, le quali, tramite gli Organi Giudiziali garantivano un pagamento parziale di quanto dovuto.
Per dare maggiore efficacia alla proposta, il consulente precisava che, qualora il menzionato giudizio di primo grado già pendente avesse avuto esito sfavorevole per il debitore, il Sig. ROSSI avrebbe proposto ricorso in appello e successivamente in cassazione, rinviando, così, di qualche anno la concreta possibilità del creditore di dare sfogo a una procedura esecutiva su detti immobili, mentre, in caso di accettazione della proposta transattiva, la somma offerta, ancorché minore per importo, sarebbe stata consegnata immediatamente.
Ancora al fine di far riflettere la Banca (1) sull’opportunità di accettare la proposta formulata dal debitore, il professionista, nella sua comunicazione, aggiungeva che, qualora pure il giudizio della Corte di Cassazione fosse stato sfavorevole, lo stesso avrebbe presentato al Tribunale domanda per avviare una procedura di sovraindebitamento, recuperando ancora almeno altri quattro anni, prima che gli immobili esecutati potessero divenire oggetto di esecuzione immobiliare.
Il consulente precisava, infine, che il Sig. ROSSI, al momento della formulazione della proposta in oggetto, non aveva alcuna entrata economica, ad eccezione di una pensione di €. 21.066,00 annui, con coniuge a carico.
A fronte di tutte queste considerazioni, si faceva notare alla Banca (1) che avrebbe potuto recuperare parte del proprio credito non prima di dodici anni, e per un importo sensibilmente minore rispetto al valore delle fideiussioni prestate dal debitore.
Difatti, sull’appartamento gravava l’ipoteca di primo grado della Banca (3) (in relazione al residuo mutuo) e l’ipoteca di secondo grado di circa 100.000,00 euro della Banca (2), mentre sull’ufficio di MILANO gravava l’ipoteca di primo grado di 100.000,00 euro circa della Banca (2).
Alla luce della crisi che sta soffrendo negli ultimi anni il mercato immobiliare, il consulente faceva notare alla Banca (1) che i due immobili si trovavano ad avere un valore commerciale complessivo di circa 240.000,00 euro (180.000,00 euro per l’immobile di ROMA e 60.000,00 euro per l’ufficio di MILANO) e pertanto per la Banca (1) risultava certo un recupero sensibilmente inferiore al credito vantato.
A completamento della proposta, il professionista si premurava si sollecitare un riscontro celere alla Banca (1), precisando che il ritardo maturato dalla medesima nel rispondere a una precedente proposta, peraltro a condizioni più favorevoli per la Banca (1), aveva comportato la mancata conclusione della compravendita dell’appartamento nel Comune ROMA, con l’aspirante acquirente che dopo un certo periodo di attesa si era rivolto ad altri immobili.
L’accettazione della proposta e la conclusione della procedura
La Banca (1), dopo qualche giorno, accettava la proposta a saldo e stralcio avanzata dal professionista, in accordo con il debitore, il professionista procedeva come descritto nella proposta, pagando immediatamente quanto offerto alla medesima Banca.
Attualmente il Sig. ROSSI è libero da ogni garanzia personale originariamente prestata a garanzia dei debiti delle tre cooperative di cui era socio e amministratore, fermo restando la prosecuzione, ancora in primo grado, del giudizio di cui sopra si è fatta menzione.