Nozione di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione
Il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione è disciplinato dagli artt. 64-bis, 64-ter e 64-quater del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14-Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCI).
La disposizione di apertura definisce il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione lo strumento con il quale l’imprenditore c.d. “sopra soglia”, cioè, secondo la vecchia terminologia, fallibile, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza può prevedere il soddisfacimento dei creditori, suddivisi in classi, distribuendo il valore generato dal piano anche in deroga agli articoli 2740 e 2741 del codice civile [in deroga, quindi, alle cause di prelazione e alla regola della par condicio creditorum] e alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione, a condizione che la proposta sia approvata dall’unanimità delle classi.
Presupposti soggettivo e oggettivi
Il debitore può validamente presentare domanda recante il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione soltanto in presenza di determinati presupposti.
a) presupposto soggettivo
Possono accedere al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione soltanto gli imprenditori non piccoli. L’art. 64-bis, comma 1, prima parte, CCI, richiama, infatti, espressamente l’art. 2, comma 1, lett. d), richiedendo la contemporanea presenza di tutti e tre i seguenti requisiti: 1) ammontare complessivo dello stato patrimoniale annualmente inferiore a 300.000 euro nei tre esercizi precedenti al deposito della domanda (o nel minor arco temporale se l’inizio dell’attività è infra triennale), 2) ammontare complessivo dei ricavi annualmente inferiore a 200.000 euro nei tre esercizi precedenti della domanda (o nel minor arco temporale se l’inizio dell’attività è infra triennale), 3) ammontare complessivo dei debiti, anche non scaduti, inferiore a 500.000 euro. Grava sullo stesso imprenditore l’onere di provare di essere sopra soglia.
In dottrina è stato affermato che il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione è stato ricavato per gemmazione dal concordato preventivo, del quale sono espressamente richiamate soltanto alcune disposizioni.
Rispetto al concordato preventivo l’istituto del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione riconosce all’imprenditore una maggiore autonomia nella gestione; in più, per il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione il legislatore ha espressamente prevista la possibilità di derogare al noto principio per cui l’imprenditore risponde dei debiti contratti con tutto il suo patrimonio. E, quale ulteriore peculiarità che lo distingue dal concordato preventivo, per il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione è consentito, in deroga agli artt. 2740 e 2741 del codice civile, recanti, lo si ricorda, i principi della par condicio creditorum e delle cause di prelazione, lasciare una parte del patrimonio nella disponibilità dell’imprenditore.
b) presupposti oggettivi
1) attuale condizione di crisi o di insolvenza;
2) approvazione della proposta recante il piano di ristrutturazione da parte di tutte le classi di creditori: all’interno di ciascuna class vige il principio di maggioranza, per cui è possibile che vi siano creditori dissenzienti e che, tuttavia, il piano venga ugualmente approvato.
3) entro trenta giorni dall’omologazione, soddisfacimento integrale in denaro dei crediti privilegiati di cui all’art. 2751-bis, comma 1, n. 1 del Codice civile (crediti di lavoro).
La procedura del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione
- La domanda, corredata dalla proposta, dal piano e dalla documentazione necessaria, è presentata con ricorso al tribunale in composizione collegiale. Entro il giorno successivo al deposito, è comunicata al Registro Imprese a cura della cancelleria, ed entro il giorno ancora successivo il conservatore è tenuto ad eseguirne l’iscrizione. La domanda è, inoltre, soggetta alla comunicazione al pubblico ministero.
- Alla domanda deve essere unita anche l’attestazione di un professionista indipendente circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
- Il deposito della domanda produce soltanto alcuni degli effetti previsti dall’art. 46 CCI per il concordato preventivo:
- prededucibilità dei crediti di terzi sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore;
- salvo espressa autorizzazione del tribunale, impossibilità per i creditori di acquisire diritti in prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti.
- Il tribunale adito pronuncia decreto, con il quale:
a) valutata la mera ritualità della proposta e verificata la correttezza dei criteri di formazione delle classi, nomina il giudice delegato e nomina/conferma il commissario giudiziale;
b) Tenuto conto del numero dei creditori, dell’entità del passivo e della necessità di assicurare tempestività ed efficacia alla procedura, fissa ai creditori la data iniziale e la data finale entro le quali esprimere il voto e fissa il termine per la comunicazione del provvedimento ai medesimi (art. 47, comma 2, lett. c), CCI);
c) Fissa il termine perentorio, inferiore ai quindici giorni, entro il quale il debitore deve depositare in cancelleria il 50 per cento della somma corrispondente alle spese per l’intera procedura preventivate come necessarie, o, in alternativa, il 20 per cento della minor somma stabilita dal tribunale. - Dalla presentazione della domanda fino alla sua omologazione l’imprenditore mantiene la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, sotto il controllo del commissario giudiziale e sempre nell’interesse prevalente dei creditori.
Tutti gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti non coerenti con il piano sono soggetti alla preventiva comunicazione al commissario giudiziale, che è chiamato a esprimere il suo parere. Il parere è obbligatorio ma non vincolante, nel senso che il debitore può materialmente compiere l’attività anche in caso di segnalazione negativa del commissario giudiziale, comunicata contestualmente all’imprenditore e all’organo di controllo e, in caso di pretermissione di tale segnalazione da parte del debitore, il commissario giudiziale ha l’onere di informarne immediatamente il tribunale perché adotti i provvedimenti opportuni. - Al termine delle operazioni di voto, il commissario giudiziale redige apposita relazione recante il risultato conseguito:
a) se tutte le classi hanno approvato il piano almeno con le maggioranze di cui all’art. 64-bis, comma 7, CCI, il tribunale emette sentenza di omologa del piano di ristrutturazione.
b) Se un creditore propone opposizione eccependo il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa ugualmente il piano, a condizione che il creditore dissenziente ottenga la propria posizione soddisfatta in misura non inferiore all’importo che gli sarebbe spettato se la procedura pendente fosse stata la liquidazione giudiziale.
c) Se dalla relazione del commissario giudiziale non risulta raggiunta la maggioranza in tutte le classi, nei 15 giorni successivi al deposito della relazione il debitore può, alternativamente:- chiedere al tribunale di accertare l’esito delle votazioni,
- chiedere la conversione della domanda in domanda di concordato preventivo.
d) Se non è raggiunta la maggioranza in tutte le classi e il debitore non si attiva nei termini per ottenere l’accertamento del risultato delle votazioni o la conversione della domanda in concordato preventivo, il tribunale, qualora ne sussistano i presupposti, dichiara aperta la liquidazione giudiziale.
Conversione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo
La domanda di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione può essere convertita in domanda concordato preventivo nelle seguenti ipotesi:
a) quando dalla relazione del commissario giudiziale relativamente all’esito del voto delle singole classi di creditori emerge che non in tutte le classi è stata raggiunta la maggioranza necessaria per l’omologazione del piano di ristrutturazione e il debitore ne fa richiesta nei 15 giorni successivi al deposito;
b) qualora un creditore abbia contestato il difetto di convenienza del piano;
c) in ogni caso, in ogni momento della procedura.
Si noti che la disposizione di chiusura prevede anche la possibilità del percorso inverso, cioè della conversione della domanda di concordato preventivo in domanda di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, limitatamente, tuttavia, al periodo antecedente all’inizio delle operazioni di voto (art. 64-quater, comma 5, CCI).
Si deve, in ogni caso, notare che in concreto passare da una procedura all’altra non è affatto semplice ed immediato come appare dal tenore della norma, perché il contenuto della proposta nelle due procedure è molto diverso.
Il passaggio alla diversa procedura comporta, quindi, la predisposizione di una nuova domanda, che presenti i requisiti richiesti per la nuova procedura, e, conseguentemente, anche l’acquisizione di una nuova dichiarazione di fattibilità da parte dell’esperto.
Alcune considerazioni conclusive in relazione alla effettiva accessibilità della procedura
Da una lettura superficiale dei tre articoli che costituiscono il Capo I-bis dedicato al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, collocato, a sua volta, all’interno del Titolo IV, rubricato Strumenti di regolazione della crisi, sembrerebbe evincersi, come, del resto, per le altre procedure regolamentate nel medesimo, citato, Titolo IV, che queste siano facilmente accessibili allo stesso debitore, senza alcuna necessità di assistenza tecnica.
Ma già da quanto sopra sinteticamente esposto si comprende la necessità di strutturare correttamente il piano per ottenere, in prima battuta, l’attestazione del professionista indipendente di cui all’art. 64-bis, comma 3, ma, soprattutto, la maggioranza favorevole in ogni classe di debitori, necessaria per ottenere l’omologazione del piano da parte del tribunale.
Avere un consulente di fiducia, per il debitore, diventa un punto di appoggio non solo nella fase di presentazione della domanda e di elaborazione e redazione del piano, ma, ancora prima, nella valutazione delle condizioni patrimoniali ed economico-finanziarie dell’impresa, anche ai fini della determinazione dello stato di crisi o di insolvenza, e poi, più avanti, avvenuta l’omologazione, per tutta la durata dell’attuazione del piano.